Tanto per non pensare. Due ore di stop totale delle sinapsi collegate alla zona spleeniana del mio cervello.
O almeno quello era lo scopo. Inizia il film, io penso ai fatti miei perché credo sia un trailer. Poi realizzo che invece è la pellicola protagonista, ma porc... aspetta che cerco di stare attenta, aspetta che cerco di diventare empatica con la trama, con Sigourney Weaver che anche "slinkata" dal corpo dell'avatar è alta due metri e mezzo (e che nuda a 61 anni ha un fisico migliore del mio, ma come diavolo....), con gli occhiali 3D che mi stritolano il naso e contemporaneamente mi fanno accartocciare le lenti a contatto..
Eccomi, ci sono, sono empatica. Sento tutto, anche la puzza di quello 10 file avanti a me. I fotogrammi incalzano inesorabili e io ho una sensazone di déjà vu, cosa mi ricorda tutto ciò? E mi ritrovo bimbetta delle elementari, nella sala del Cinema Apollo in via Lecco, con il grembiule bianco addosso, a guardare lo schermo lordo di sangue di Mission, realizzando che in 23 anni di cinema e 250 circa di storia, l'uomo non è cambiato affatto (o forse ha poca fantasia?).
Distrugge tutto: altri uomini, altre specie, terre, sentimenti. Tutto. Un mondo antico (sconosciuto a quel tempo) e un mondo che ancora non esiste (ma se lo inventa e prova a distruggerlo).
E io lì, come una fessa (quindi nulla di nuovo sotto il sole) con le mani davanti agli occhi, ops occhialini, con la lacrima pronta se qualche essere indifeso e inconsapevole sta per lasciarci le piume - o il pelo... o le squame, o la pelle azzurra... insomma dipende dalla razza - a chiedermi perché distruggiamo sempre tutto, roviniamo, razziamo, prediamo, facciamo deserto... insomma perché vogliamo fortemente essere infelici.
E non trovo mai risposta.
Mentre guardavo il film Avatar al cinema, qualche settimana fa, notavo che c'era un forte parallelo con la storia dei popoli Guaranì. Non avevo mai visto e ne sentito parlare del film "The mission" fino a questa sera e sono rimasto impressionato dalla storia perchè è molto simile a quella di Avatar. Poi lancio una ricerca su internet per vedere se qualcun'altro ha avuto la stessa impressione e mi imbatto nel tuo blog.
RispondiEliminaHo visitato una riserva Guaranì l'anno scorso e mi sono appassionato ai loro problemi con i proprietari terrieri.
Piacere di conoscerti, mi trovi anche su facebook come Luciano Napoli lucianonapoli@yahoo.it
Ciao!
In realtà Avatar attinge la trama da una situazione tristemente archetipica della razza umana. Non è un caso che ci siano numerosissimi film con una storia quasi identica (tipo L'ultimo samurai, Balla coi lupi, Pocahontas e il sopracitato The Mission). Questo ha fatto storcere il naso a molti, circa la presunta mancanza di originalità del film di Cameron. Io invece devo dire di averlo apprezzato "anche" per la vicenda che racconta, perché è una situazione che tende a ripetersi nella storia dell'uomo e quindi perché anche non nel cinema? Senza contare che, dal punto di vista cinematografico, nel mio caso Avatar è riuscito a essere "emozionale". E un film "emozionale" è comunque un film che ha vinto la sua scommessa. Poi è chiaro che dipende anche dalla predisposizione del singolo spettatore, dalla sua sensibilità e dal suo vissuto.
RispondiEliminaCiao!
Non avrei scientemente scelto di andare a vedere Avatar, grande marziano, ci sono finita nel gorgo del "che faccio?" e ammetto, istigata infantilmente dagli occhialini 3D (e Alice nel Paese delle Meraviglie chi se lo perde adesso?). Non è il mio genere, mi puzzava di fenomeno costruito, di tutto già visto e sentito. Eppure, alla faccia del mio solito essere prevenuta, mi ha regalato due cose: un tuffo nel passato, con un recupero delle emozioni cristalline che spesso si provano da bambini; e lo stupore degli occhi di fronte a colori così saturi. Molto più di quello che mi aspettassi, e quindi un "successo". Ciao!
RispondiEliminaNon ci credo che il tuo fisico è peggio di quello della Weaver
RispondiEliminabacini